I giovani della “Generazione Z”: nativi digitali, attenti all’ambiente

Più consapevoli nel tutelare il futuro del pianeta

L i chiamano “Generazione Z” o “iGeneration” o “Homeland Generation”. Sono i giovani di età compresa tra i 10 ed i 25 anni. Rappresentanti

della prima generazione tutta digitale. I ragazzi che non hanno mai conosciuto un mondo senza Internet e smartphone, sempre social connessi. Una coorte di giovani “post” alcuni grandi eventi storici: post 11 settembre, post recessione, post tsunami. Avvenimenti che hanno segnato la società seminando precarietà ed incertezza e che hanno toccato profondamente la sua componente giovanile costretta a crescere “in un tempo di instabilità finanziaria, ambientale e politica; le conseguenze delle crisi finanziarie, gli uragani, i disastri naturali ed il costo del riscaldamento globale sono sempre più tangibili” (dal paper “frAGILE” di Joeri Van Den Bergh).

Oltre all’attacco alle Torri Gemelle ed alla crisi economica del 2007, i giovani della “Generazione Z” sono stati investiti da altri avvenimenti importanti destinati ad influire sul loro modus cogitandi e vivendi. Le guerre in Iraq ed in Afghanistan, lo spettro del terrorismo, il massacro nella scuola di Columbine in Colorado, le devastanti catastrofi naturali quali uragani e terremoti avvenuti negli ultimi anni, i flussi migratori e l’instabilità politica di diversi Stati nel mondo. Tutti episodi che, secondo alcuni, hanno contribuito fortemente allo sviluppo di una generazione fragile e timorosa, insicura ed individualista.

Di contro, la “Generazione Z”, vera “nativa digitale, non vede la tecnologia come uno strumento, ma semplicemente come parte della vita”, utilizza il device (smartphone, tablet, pc) come mezzo d’informazione e comunicazione polifonica, sviluppando nuovi percorsi di pensiero e nuove caratteristiche comportamentali.

La possibilità di multiconnessione, la sovraesposizione digitale, ha permesso alla “Generazione Z” di acquisire una consapevolezza diversa rispetto alle generazioni precedenti, una sorta di “pensiero divergente” e multidirezionale che confluisce in un’identità fluida, “liquida” direbbe Bauman, sotto molti aspetti, in continuo divenire. Proprio perché afflitti dalla paura di un futuro

ignoto, dall’insicurezza, dalla solitudine e dall’inadeguatezza, i giovani di oggi sono alla continua di ricerca di un senso di appartenenza, di un fil rouge che li leghi e li accomuni. L’accesso facilitato e la reperibilità immediata alle informazioni ha portato ad una maggiore presa di coscienza da parte dei ragazzi dei problemi reali della società, che si manifesta in un pragmatismo e realismo distintivo delle nuove generazioni.

L’estrema concretezza che contraddistingue i giovani di oggi, unitamente alla convinzione che le nuove tecnologie possano influire positivamente nel processo di democratizzazione istituzionale esercitando, più facilmente rispetto al passato, una pressione sui detentori del potere, ha fatto sì che gli appartenenti alla “Generazione Z” siano realmente pronti ad impegnarsi per un mondo migliore.

Secondo uno studio del già citato Joeri Van den Bergh, intellettuale belga della “Generazione Y” e “Z”, il 60 per cento dei giovani “Z” vuole effettivamente cambiare il mondo, contro il 39 per cento della generazione precedente, i “Millennials” o “Generazione Y”. L’utilizzo di Internet e la condivisione di contenuti attraverso i social, hanno permesso ai ragazzi ed alle ragazze della “Z Gen”, di veicolare contenuti globali, sviluppando un livello di coscienza comune su alcune tematiche principali, quali l’ambiente, i diritti umani e le problematiche sociali che interessano i Paesi in via di sviluppo.

Questa coorte di giovani si sente personalmente responsabile di quello che avviene ed avverrà nel mondo, per questo sono i principali esecutori di azioni finalizzate ad un miglioramento globale, anche solo attraverso un piccolo gesto. Sono ragazzi preoccupati per le sorti del pianeta, per quello che troveranno le generazioni future, consapevoli del pericolo rappresentato dal riscaldamento globale e della necessità di azioni concrete per operare un cambiamento radicale. La continua ricerca di stabilità e sicurezza, la voglia di avere rapporti umani veri, muove gli animi della “Z Gen”, che non si limita a conoscenze e relazioni esclusivamente virtuali ma si riunisce nelle piazze per manifestare pacificamente in di- fesa delle proprie istanze. Una pubblicazione analitica della società di ricerche di mercato londinese Ipsos Mori, ha scandagliato l’universo della “Z Generation” per comprendere i segnali di diversità o omologazione ri- spetto alla generazione precedente, spinta dalla consa- pevolezza che “i Millennials saranno i ‘nuovi vecchi’ e che la “Gen Z” è e sarà al centro dell’attenzione di molte strategie aziendali. La maggior parte degli appartenenti alla “Generazione Z” sono ancora molto giovani, i più an- ziani di loro hanno da poco superato i 20 anni, ma sono già sicuri su chi sono e cosa diventeranno”.

In “Oltre il binario: le vite e le scelte della Generazione Z” di Ipsos Mori, è emerso senza grosse sorprese, che la “Z Gen” è quella più connessa di tutte a internet: a livello mondiale, il 71 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni ha una presenza online, a differenza del resto della popolazione ferma al 48 per cento.

L’orientamento responsabile e partecipe della “Z Gen” trapela anche dall’analisi longitudinale sui giovani britannici tra i 14 e 16 anni che hanno dichiarato nel 46 per cento dei casi di essersi dedicati al volontariato per aiutare le persone nella propria comunità, rispetto al 30 per cento di una rilevazione del 2005 effettuata sui loro coetanei “Millenials”.

Si tratta di una generazione tutt’altro che cinica ed egoista, che ha a cuore il destino del pianeta e del suo pros- simo. Il 29 per cento dei ragazzi è attivo in un’organizza- zione, il triplo rispetto a 15 anni fa. Interessante il dato sulle scelte di acquisto: oltre un quarto dei giovani con- sumatori (il 26 per cento) evita alcuni prodotti per motivi etici o ambientali, mostrando una maggiore propensione al consumo critico e sostenibile, mentre tra i “Millen- nials” tale percentuale era il 19 per cento.

L’indagine di Ipsos Mori ha evidenziato un generale cambiamento nei metodi di partecipazione dei giovani alla vita pubblica, con un maggiore impegno nel volontariato, nel consumo consapevole ed una maggiore inclinazione ad utilizzare le piazze, non solo quelle virtuali partecipando a discussioni sui social (il 30 per cento è propenso a farlo), anche firmando petizioni di persona o online (il 53 per cento).

A dimostrazione della rilevante svolta generazionale in atto, c’è la grande mobilitazione di giovani e giovanissimi contro il cambiamento climatico, con le loro proteste verso i leader politici di tutto il mondo che sono confluite in manifestazioni nelle piazze e che hanno fatto registrare un netto discostamento comportamentale rispetto ai “Millennials”. Se i nati fino al 1995 (“Millenials” o “Generazione Y”) si sono dimostrati piuttosto ostili a partecipare a proteste pacifiche (il 63 per cento), tra i più giovani invece la percentuale è scesa al 54 per cento.

Cambiamenti climatici

Esemplare testimonianza di questa nuova e verde sensibilità della “Generazione Z”, è il caso di Greta Thunberg, anno di nascita 2003, la giovane ambientalista svedese nota a tutti per la sua lotta contro i cambiamenti climatici, divenuta un modello per molti ragazzi e ragazze della sua età che hanno tratto ispirazione da lei e dal suo attivismo, dando vita al movimento globale “Fridays for future”. I FFF, nascono come una mobilitazione spontanea studentesca che ha riempito le piazze di tutto il mondo, milioni di ragazzi e ragazze che come Greta hanno scelto di astenersi dalla scuola ogni venerdì in segno di protesta contro l’inoperosità dei vari governi verso l’emergenza climatica in atto.

Salita alla ribalta della cronaca internazionale a soli 15 anni per la sua protesta silenziosa davanti al Parlamento svedese, armata soltanto di un cartello con la scritta “Sciopero della scuola per il clima”, nel tempo Greta è riuscita a farsi portatrice presso i palazzi del potere di istanze ambientaliste per lo sviluppo sostenibile e contro i cambiamenti climatici. In qualità di rappresentante delle associazioni ambientaliste che si battono per la “giustizia climatica”, nel dicembre 2018 partecipa alla COP24, la ventiquattresima Conferenza delle Nazioni

Unite sul Clima, lanciando un grido di allarme e d’accusa contro tutti i leader mondiali: “voi parlate solo di una infinita crescita della green economy, perché avete troppa paura di essere impopolari. Parlate solo di andare avanti con le stesse idee sbagliate che ci hanno messo in questo casino, anche quando l’unica cosa sensata da fare è tirare il freno di emergenza. Non siete abbastanza maturi per dire le cose come stanno, anche questo fardello lo lasciate a noi bambini. A me, invece, non importa di risultare impopolare, mi importa della giustizia climatica e del pianeta. La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare ad accumulare un’enorme quantità di profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. É la sofferenza di molti a garantire il benessere a pochi. […] Dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa ma gli state rubando il futuro proprio davanti ai loro occhi. Finché non vi concentrerete su cosa deve essere fatto anziché su cosa sia politicamente meglio fare, non c’è alcuna speranza”. Ma Greta Thunberg è solo una, sicuramente la più famosa, dei tanti giovani della “Z Gen” che si battono per salvare il pianeta e per il diritto al loro futuro. In un articolo apparso nell’estate 2020 sulla rivista online “Human Futures” della World Futures Studies Federation, Ong globale

e partner consultivo dell’Unesco e delle Nazioni Unite, la giovane Charlotte Bernard (nata in Francia nel 2004), ha descritto chiaramente il futuro che immagina per lei e per i suoi coetani e le sfide da affrontare. “Per me molte sfide ed opportunità sono relative all’ambiente, alle migrazioni ed all’educazione” ha spiegato Charlotte. “In effetti, l’ambiente entrerà a far parte di qualsiasi scelta che faremo. La nostra ‘Gen Z’ sa che il mondo cambierà e forse non avrà nel futuro le stesse opportunità di oggi. Questo è il motivo per cui tutti dovrebbero fare uno sforzo”.

Appelli a tutela del pianeta giungono dai giovani di ogni continente, dall’Europa, all’Asia, all’America Latina, in un giro del mondo immaginario che vede crescere una generazione di piccoli ambientalisti anche nel nostro Paese. Secondo un recente sondaggio effettuato da Skuola.net e Sorgenia, su un campione di 3.500 adolescenti tra i 10 e i 15 anni, è emerso che il 96 per cento degli intervistati è preoccupato per le sorti del pianeta, una consapevolezza che va di pari passo alla voglia di agire e di mettersi in discussione attraverso l’adozione di nuove abitudini e nuovi stili di vita più green, per contrastare l’esaurimento delle risorse naturali. L’indagine ha evidenziato l’impegno reale che i giovani esprimono mettendo in atto quotidianamente una serie di comportamenti virtuosi a difesa dell’ambiente: uno su quattro si dice impegnato nella raccolta differenziata dei rifiuti, nel limitare l’utilizzo della plastica, nel fare attenzione a non sprecare né energia né acqua, a comprare valutando l’impatto ambientale di ciò che sta acquistando; tre su quattro sono favorevoli all’uso esclusivo di fonti energetiche rinnovabili; due su quattro sono convinti che acquistare a chilometro zero, direttamente dai produttori, sia più sostenibile.

Le scelte green dei giovani si estendono anche ad una serie di altre azioni che possono contribuire al benessere del pianeta per il loro contenuto impatto ambientale, come ad esempio l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici invece di quelli privati. I più giovani di loro (quelli con meno di quattordici anni) si dimostrano più ottimisti sul futuro delle città, immaginando che tra dieci anni ci sarà la diffusione capillare dei pannelli fotovoltaici e gli edifici saranno sempre più verdi, veri e propri boschi verticali. Un’ulteriore conferma che lo sviluppo della coscienza green sia una delle prerogative della “Z Gen”, strettamente correlata all’utilizzo delle tecnologie digitali, arriva da questa ricerca che sottolinea come l’80 per cento degli intervistati si sia informato utilizzando strumenti digitali. Nello specifico, il 48 per cento con le notizie trovate attraverso i motori di ricerca sul web o i social network, ed il 30 per cento grazie a documentari o serie Tv in streaming. Soltanto il 14 per cento ha appreso le informazioni attraverso canali analogici come giornali o riviste specializzate, e uno su dieci è stato sensibilizzato dai propri insegnanti o in famiglia.

Aziende green

L’attenzione dimostrata dai nuovi giovani consumatori verso le tematiche ambientali, non è di certo passata inosservata alle aziende che, per assicurarsi nuovi segmenti di mercato e stare al passo con i tempi, hanno in alcuni casi ripensato eticamente i loro prodotti ed in altri avviato un percorso di sostenibilità aziendale in tutte le fasi del processo produttivo. I giovani della “Z Gen” sono attenti nella scelta dei prodotti da comprare e dei brand da prediligere. Sono consapevoli dell’impatto che i propri acquisti possono avere sull’ambiente che li circonda e pretendono che per i marchi prescelti la sostenibilità aziendale sia la nuova regola, il nuovo modo di lavorare e di produrre. Vogliono che la Corporate Social Responsibility sia un dato di fatto e non solo una mera facciata propagandistica. Stella McCartney e Adidas, Zara, H&M, GStar sono solo alcuni dei più noti brand che hanno optato per una filiera interamente green e lanciato sul mercato articoli realizzati con materiali riciclati, biodegradabili e/o rigenerabili.

Le aziende si stanno dimostrando attente non solo all’impatto ambientale del ciclo produttivo e della merce stessa, ma anche alla sostenibilità del packaging, che deve soddisfare requisiti di riciclabilità, utilizzare materiali rinnovabili o vegetali e ricorrere a confezioni realizzate con materiali a ridotte emissioni di CO2.

 

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