Il pomodoro “buttiglieddru” nuovo Presidio Slow Food

Il nome, “buttiglieddru”, è dovuto alla forma che assomiglia a quella di una bottiglia. Ma non è la sola particolarità a distguerlo. Ad esempio, la tecnica di coltivazione è pressoché unica.
Parliamo del pomodoro “buttiglieddru” di Licata, Sicilia: qui la semina avviene a dicembre, ponendo il seme in piccole buche dove prima viene collocato letame non completamente maturo, quindi con un certo quantitativo di azoto. «La fermentazione del letame produce calore e favorisce la germinazione dei semi spiega Ignazio Vassallo, fiduciario Slow Food di Agrigento. Ma questo non è l’unico segreto tramandato per proteggere la pianta dal freddo e scongiurare il rischio di gelata: la buca, infatti, viene coperta dalle stoppie del grano, cioè da quel che rimane della mietitura, e attorno vengono piantate canne di oltre un metro di altezza per riparare dal vento. Grazie a queste accortezze, il “buttiglieddru” matura già alla fine di maggio.

«Cinquant’anni fa, quando non c’erano le serre, il pomodoro di Licata era il primo a crescere in tutta Europa prosegue Vassallo. «Ricordo che venivano ad acquistarlo da noi anche persone da Napoli e dalla Puglia». Ora una decina di produttori hanno deciso di investire nella coltivazione di un pomodoro che, per mezzo secolo, era scomparso da Licata. Perché ha una scarsa resa e la raccolta richiede molta fatica, date le piccole dimensioni, per l’aumento della coltivazione del melone cantalupo e per il cambio di abitudini nell’agricoltura. «Negli ultimi decenni si è cominciato a usare fitofarmaci e altri prodotti chimici che spezzano l’equilibrio in natura sostiene Vincenzo Graci, imprenditore agricolo di Licata e custode del seme di “buttiglieddru”. «In natura ci sono insetti utili e dannosi, ma con l’arrivo delle serre e dei prodotti di sintesi questo equilibrio è scomparso. Appena provavamo a coltivare fuori dalle serre non riuscivamo più a fare produzione, perché i pomodori venivano attaccati da parassiti come la tuta absoluta».
Che fare? «L’unica soluzione era ristabilire quell’equilibrio 

in campo aperto spiega Graci. «Il trucco è stato usare, invece dei fitofarmaci, gli insetti. Un esempio è il Nesidiocoris tenuis, che vive nei terreni coltivati a zucchina lagenaria: da tre anni piantiamo prima la zucca e poi il pomodoro. Riuscire a coltivare come si faceva una volta è stata una vittoria». Il “buttiglieddru” spicca per dolcezza e risulta ottimo se consumato fresco. Viene anche trasformato in passata, polpa, pomodori secchi o concentrato. I produttori del Presidio Slow Food del “buttiglieddru” sono una decina. Hanno messo a punto un rigido disciplinare di produzione che prevede, tra l’altro, l’autoriproduzione della semente, il divieto del diserbo e la semina in campo aperto. L’area di produzione è compresa tra Licata, Palma di Montechiaro, Camastra, Naro, Ravanusa, Campobello di Licata e Butera. 

 

 

 

 

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