Eleanor, Katie-Maeve e Madeline. Sono tre ragazze statunitensi che vivono ad Aspen, in Colorado. Dopo essere stata centro minerario durante la corsa all’oro nell’Ottocento, la cittadina è oggi una delle più rinomate stazioni sciistiche degli Usa. Ma che cosa hanno fatto di così speciale queste tre ragazze, almeno per noi italiani? Hanno realizzato ciò che nell’America del nord è ormai una consuetudine: un anno sabbatico in giro per il mondo. E mentre in Italia si litiga, anche un po’ troppo ideologicamente, tra Dad e non Dad, loro grazie alla didattica a distanza hanno potuto compiere esperienze in tutto il pianeta che valgono più di una laurea.
Se moltissimi ragazzi, anche da minorenni, compiono i viaggi da soli, spesso persino in bicicletta, le tre adolescenti del Colorado sono state accompagnate dai genitori. Anche perché loro stessi, da ventenni, avevano viaggiato in tutto il sud-est asiatico per un anno. “Quando io e mio marito Scott eravamo giovani avventurieri, ci ripromettemmo di far compiere le stesse esperienze ai nostri figli – racconta Reenie.
Com’è iniziato il “grande viaggio”?
“Io e mio marito abbiamo ritirato Katie-Maeve e le sue sorelle dalla scuola nell’anno 2017-18 per viaggiare in tutto il mondo – prosegue Reenie. “Mio marito, con un master in istruzione, le ha seguite attraverso una scuola in linea, Odysseyware Academy. Le ragazze hanno tenuto dei diari che presto sono diventati preziosi quanto i nostri passaporti. A volte anch’io ho offerto un tema, un suggerimento creativo, ho supervisionato l’aspetto della riflessione, ma il più delle volte non ce n’è stato bisogno. Le esperienze di ogni giorno hanno ben ispirato le ragazze. Ad esempio Katie-Maeve è rimasta colpita dalle rivolte autonomiste in Catalogna. E la sua creatività ha avuto modo di maturare quando ha realizzato mosaici di carta seguendo le architetture di Gaudi in Spagna o progettando uno scudo personale dopo aver studiato i clan celtici a Dublino o ancora disegnando labirinti della civiltà pompeiana. Ha dipinto mappe dei Paesi che abbiamo esplorato, tenendo una cronologia continua dei siti che abbiamo visitato. Ha scritto lettere trimestrali a se stessa, che ancora teniamo sigillate. Ha scarabocchiato ricette mentre imparava a fare tagine in Marocco, pho in Vietnam, gado-gado a Bali e pasta fatta in casa in Italia”.
Quali Paesi avete visitato?
“Italia, Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Irlanda, Inghilterra, Marocco, Vietnam, Indonesia e Australia”.
Cosa vi è piaciuto di più in Italia? E all’estero?
“In Italia ovviamente il cibo. In particolare i cannoli e il gelato in Sicilia. Da un punto di vista ambientale, indimenticabili le escursioni ai rifugi nelle Dolomiti e le passeggiate in bicicletta sulla via Appia Antica a Roma, città meravigliosa dove abbiamo visto quante più chiese e musei potevamo. In Alto Adige abbiamo scoperto Otzi (https://www.iceman.it/en/the-iceman/), il più antico essere umano mai scoperto in zona. Abbiamo assistito anche alle gare di Coppa del mondo di sci in Val Gardena. Infine un aspetto emotivo: siamo andati a conoscere le radici familiari in Molise, a Frosolone. Abbiamo creato alberi genealogici per scoprire le nostre radici ancestrali. Lì vicino, a Campobasso, abbiamo assistito alla suggestiva processione del Venerdì Santo. Le ragazze hanno imparato a fare la pasta fatta in casa e per la prima volta hanno bevuto Coca Cola insieme a bicchieri di vino.
Al di fuori dell’Italia sono state tantissime le esperienze: fare surf a Bali, trekking in cammello nel Sahara, corsi di cucina in Vietnam, la zipline più lunga d’Europa in Spagna, festival etnici in Provenza, i cibi sconosciuti in Indonesia.
Vantaggi e svantaggi dell’apprendimento a distanza per un anno?
“Alle ragazze sono mancati soprattutto gli amici e gli insegnanti, cioè le interazioni personali. Un altro problema è stata la sincronizzazione delle lezioni con i viaggi, talvolta i compiti si accumulavano. Ma l’apprendimento a distanza garantisce flessibilità e ciò assicura le nuove esperienze di ogni giorno: incontrare nuove persone è straordinario, conoscere la loro cultura, le tradizioni, il cibo, la religione, la geografia, ecc. Ogni giorno in Odysseyware c’erano compiti, non c’è mai stata una pausa e gli insegnanti adeguano il ritmo. Tutto funziona bene, salvo qualche ritardo.
Le nuove tecnologie sono utili per viaggiare?
“Certamente! Con app come Airbnb, Orbitz e TripAdvisor, siamo stati in grado di organizzare e modificare i nostri piani in un attimo. Si possono prenotare hotel, aerei, treni, autobus, appartamenti, skipass e biglietti per musei con la semplice pressione di un pulsante. Con app come Culture Trip siamo stati in grado di ottenere i consigli più aggiornati su dove andare e cosa vedere. Abbiamo utilizzato Trip Wallet per creare e gestire un budget. Abbiamo tirato su una mappa ogni volta che avevamo bisogno di trovare la nostra strada. Le ragazze hanno imparato da tutte queste app. Senza i loro laptop, le ragazze non sarebbero state in grado di continuare il loro apprendimento a distanza. Hanno preso lezioni, ricevuto incarichi, fatto presentazioni, sostenuto esami e sono state in grado di avanzare al livello successivo al nostro ritorno a casa un anno dopo. Tutto è andato bene”.
Cosa è rimasto del grande viaggio?
“Tante cose. Una conoscenza più approfondita e matura dell’umanità. Una maggiore consapevolezza della vita e delle prospettive. Lo sviluppo del senso di apprezzamento e di gratitudine. Ogni giorno iniziava sempre una storia, che è stato poi meraviglioso condividere in famiglia. Talvolta ancora condividiamo questi ricordi, e può sembrare che tutto sia avvenuto solo ieri”.
Ragazze, cosa farete da grandi?
Eleanor: consulente per la politica ambientale.
Madeline: dottore.
Katie-Maeve: biologa marina.
Katie-Maeve, tu sei la più piccola tra le sorelle. Oggi hai 14 anni. Che ricordi hai di questa esperienza?
“Ricordo quando i miei genitori hanno proposto la folle idea di viaggiare per il mondo per un anno intero. Insieme alle mie sorelle odiavo questa idea, soprattutto per il fatto di stare lontano dai miei amici. Però poi, quando il viaggio si avvicinava, sono cresciute le emozioni positive”.
Hai apprezzato questa scelta?
“Ho due ricordi contrastanti per la fase iniziale del viaggio. A fine agosto eravamo in una piccola località balneare della Spagna, San Sebastian. Qui si svolge un meraviglioso festival chiamato ‘Semana Grande’. Sfilano per le strade enormi e bellissimi pupazzi chiamati Gigantes e persone a caso corrono per le strade colpendo i bambini con vesciche di agnello gonfiate. Un’esperienza meravigliosa per me, tra musica, coriandoli e altro. La notte, però, mentre dormivamo, qualcuno è entrato nella nostra abitazione e ha rubato il telefono a mia sorella, il pc a mio padre e altre cose dalla cucina. La sensazione di essere stati derubati ha un po’ influenzato la mia prospettiva per il viaggio. Ho avuto difficoltà a fidarmi delle persone. Ma proprio viaggiando ho cambiato atteggiamento. A Taghazout, in Marocco, durante il surf ho calpestato un pesce. Sono saltata fuori dall’acqua e il mio piede si è gonfiato, ho sentito come degli aghi nell’alluce. Lungo la spiaggia passava un uomo alto con un turbante, avvolto in panno, su un cammello. Si è fermato e, con poche parole in inglese, mi ha chiesto cosa c’era che non andava. Gli ho mostrato il piede. Ha tirato fuori un accendino dalla tasca. Io sono indietreggiata confusa. Mi ha detto di non preoccuparmi e che avrebbe attirato il veleno. In effetti il mio piede è migliorato. La sua gentilezza mi ha colpito e mi ha mostrato l’altro lato della medaglia. Ho capito che bisogna essere ottimisti e mettere un buon karma nel mondo. So che le mie azioni torneranno al punto di partenza”.