Storia dell’industria videoludica: tra console war ed innovazione

Dati alla mano, il mercato dei videogiochi, nonostante la crisi, ha dimostrato di essere un settore più che resiliente, in continua crescita in Italia e nel mondo. Complice la pandemia che ha relegato intere popolazioni tra le mura di casa, limitando gli scambi interpersonali face to face, il fare quotidiano e le relazioni con il mondo esterno sono stati traslati su un piano digitale e virtuale. Con la creazione di una vita alternativa parallela alla riscoperta della nuova dimensione domestica. Se nel 2019 l’industria videoludica ha registrato un giro d’affari pari ad un miliardo e 787 milioni di euro, con un incremento dell’1,7 per cento rispetto all’anno precedente, secondo le previsioni di Newzoo, accreditata società di analisi e ricerche di mercato specializzata in videogiochi ed eSports, nel 2020 il commercio globale dei videogiochi genererà ricavi per 159,3 miliardi di dollari (pari a 142,6 miliardi di euro), con una crescita solida su base annua del +9,3 per cento. Per gli analisti di Newzoo l’industria dei videogame è destinata ad aumentare ulteriormente i suoi profitti nei prossimi anni in modo costante, superando i 200 miliardi di dollari (circa 165 miliardi di euro) alla fine del 2023, dove il segmento interessato da maggiore espansione sarà rappresentato dalle console portatili. 

Certo, è difficile fare pronostici su come si muoveranno le major del gaming e gli appassionati videogiocatori, in un mercato estremamente dinamico e competitivo che si muove tra l’attuale strapotere del gioco su smartphone, la fine dell’integrazione hardware-software, il cloud gaming, le console all digital senza lettore ottico, in un ecosistema che cerca di essere sempre più multipiattaforma. Con il lancio dello scorso novembre della Playstation 5 da parte di Sony, la console war tra la multinazionale giapponese e la rivale americana Xbox di casa Microsoft, è ripartita, in un susseguirsi storico di nuovi modelli e migliorie tecnologiche che hanno portato il mondo del gaming a tagliare il traguardo della nona generazione di console. Ma il variegato universo videoludico affonda le sue radici ben prima della nascita delle console, vantando oltre mezzo secolo di storia, quando si ebbe l’intuizione di poter trasformare lo schermo da mezzo passivo a mezzo interattivo d’intrattenimento, con i primi prototipi di videogiochi frutto di veri e propri esperimenti da laboratorio. È stato così che hanno visto la luce, nel 1952 all’interno dell’università di Cambridge, Oxo, una versione grafica del tetris per il calcolatore EDSAC, e qualche anno più tardi, nel 1958, presso il laboratorio di ricerca nucleare di New York, è stato convertito un oscilloscopio in un video game, Tennis for Two. Entrambi i giochi sono stati sviluppati per testare le funzionalità dell’attrezzatura da parte dei visitatori dei laboratori, perciò sganciati da qualsiasi logica di sviluppo commerciale. Passi in avanti si sono fatti nel 1962 con lo sviluppo di Spacewar!, creato da un gruppo di studenti del MIT, che si è diffuso velocemente su tutti i computer delle università americane, restando però circoscritto in ambito accademico. Ciò che ha trasformato i videogiochi in un vero e proprio fenomeno di cultura popolare è stato il loro lancio sul mercato, che ha permesso di raggiungere una più vasta platea di giocatori, con la commercializzazione nel 1972 della prima rudimentale console, la Magnavox Odyssey, che ha rilasciato ulteriori versioni aggiornate fino al 1978. 

Ma la decisiva svolta è arrivata solo con la fondazione nel 1972 dell’Atari, la società statunitense che ha sviluppato Pong, che ha segnato convenzionalmente la nascita dell’industria videoludica nel mondo. Con 38 mila esemplari venduti, Pong è stato il primo gioco ad utilizzare il sonoro, seppur con un primordiale “bip” ed è stato dapprima distribuito come videogioco arcade o coin-op, ovvero il tradizionale cabinato a gettoni delle sale giochi, e successivamente nel 1975, come console domestica con l’Home Pong, con 150 mila unità vendute solo nella stagione natalizia. Qualche anno dopo (1977), è uscito Atari 2600, che ha rappresentato lo sviluppo delle console di seconda generazione con giochi su cartucce intercambiabili e che è diventato la prima console a vendere più di un milione di unità. Con Pong ed Atari è iniziata la golden age dell’industria dei videogiochi, in un crescendo di successi e volumi d’affari legati alla creazione di videogiochi sempre più complessi ed elaborata. Si è passati così dalla semplicità grafica e sonora dei primi giochi, ad un’elaborazione più strutturata, attraverso lo sviluppo di una narrazione, dove il giocatore era chiamato ad identificarsi con la figura dell’eroe: nel 1978 è arrivato dalla giapponese Taito Space Invaders che ha utilizzato il suono in modo innovativo e funzionale, scandendo il ritmo del gioco e diventando parte integrante dell’esperienza di gioco stessa. La commercializzazione di Space Invaders ha rinvigorito l’industria videoludica che si era un po’ appiattita a causa di un eccesso di cloni di Pong fino a che è entrato in scena nel 1980 Pac Man, della giapponese Namco, che ha fatto registrare un boom di vendite e ha riempito le sale giochi raggiungendo un’ampia platea di giocatori, tra cui donne e bambini. Il grande successo di Pac Man è legato all’introduzione di alcune importanti innovazioni: l’utilizzo di un vero e proprio personaggio “carino” con cui identificarsi, l’impiego della pixel art e del colore per creare un’atmosfera ironica e gioiosa che veniva sottolineata da una musica divertente ed accattivante, e soprattutto per opera di un’abile operazione di marketing che ha trasformato il protagonista di Pac Man in una vera e propria icona che è apparsa stampata su t-shirt, tazze, riviste. 

L’età d’oro dei videogiochi è continuata con la saga di Donkey Kong fino ad arrivare al 1983, quando si è verificata la crisi dell’industria videoludica, anche conosciuta come Atari Shock, che ha portato al collasso finanziario molte aziende produttrici di console in Nord America. L’improvviso crollo delle vendite è stato causato dalla saturazione del mercato del gaming, dal rilascio alla vendita di giochi sviluppati frettolosamente e perciò di scarsa qualità e dall’apparizione dei primi home computer, primo tra tutti il Commodore 64. La crisi che ha interessato il business dei videogiochi è perdurata fino al 1986 e ha decretato la fine delle console di seconda generazione e, cosa più importante, lo spostamento del dominio del mercato delle console dagli Stati Uniti al Giappone. È stato così che la Nintendo, azienda del Sol Levante, ha spopolato nelle vendite producendo Famicom o NES, console di terza generazione a 8-bit che ha risollevato l’industria del gaming sfornando titoli di successo quali Super Mario Bros, The Legend of Zelda e Castelvania conquistando il popolo dei giocatori in America e Giappone. 

Nel 1988 un’altra giapponese, la Sega si è accaparrata importanti quote di mercato, soprattutto in Europa e in Sudamerica, con il suo Sega Master System, evolutosi successivamente nel Sega Mega Drive a 16-bit, finché non sono giunte le rivoluzionarie prime console portatili: il Game Boy per Nintendo e il Game Gear per Sega. Negli anni Novanta l’interesse per le sale giochi e per i cabinati arcade è andato man mano scemando, soppiantato dalla comodità di giocare da casa con il pc e con le sempre più tecnologiche console. È stato così che nel 1994 la Sony ha rilasciato la PlayStation, che impiegava Cd-Rom invece di cartucce dalle migliorate capacità di archiviazione dei singoli giochi ed utilizzabile anche per l’ascolto di cd musicali, passata alla storia come la prima console a vendere più di 100 milioni di unità. Con il passaggio dei giochi su cd invece che su cartucce, si è lavorato sul miglioramento della grafica che è diventata a 3D e del suono, permettendo di sviluppare ambientazioni sempre più realistiche e personaggi più complessi. Da lì il passo è stato breve per arrivare nel 2000 alla PlayStation 2, la regina delle console che detiene il primato delle vendite da oltre vent’anni con i suoi 157 milioni di unità vendute nel mondo. La novità principale che ha introdotto la PS2 è stato l’uso del lettore Dvd come supporto che ha trasformato la console in un centro di intrattenimento a tutto tondo dal momento che con essa si potevano riprodurre anche film e musica. L’anno successivo ha fatto il suo ingresso nel mercato del gaming anche la Microsoft, che ha prodotto l’XboX, la prima dotata di una porta ethernet, pensata per il gioco online e per multiplayer. La diffusione di internet ha rivoluzionato il mondo del videogioco: sempre più giochi prevedevano la possibilità di sfidare altri utenti on line o scaricare aggiornamenti, contribuendo alla nascita di nuove categorie di gioco. Oltre ai giochi di ruolo, dove il player può incarnare uno o più personaggi, sono comparsi sulla scena i casual games, caratterizzati dalla struttura semplificata e dalla brevità della durata delle partite, divenuti ben presto un’allettante opportunità di guadagno per molte aziende operanti su internet considerando il basso costo richiesto per la loro realizzazione e gli alti profitti derivanti dalla vendita di banner pubblicitari. 

Intanto la Nintendo ha continuato a puntare sulle console portatili e nel 2004 ha lanciato la Nintendo DS, un successo planetario con i suoi 154 milioni di unità vendute. La console war tra le tre grandi, Sony, Nintendo e Microsoft, non ha lasciato spazio alla sopravvivenza delle altre aziende, così la Sega ha deciso di accantonare la produzione di console e dedicarsi solo allo sviluppo dei giochi. Sul mercato è proseguito il rilascio di altre console. Ecco l’XboX 360, la PlayStation 3 e la Nintendo Wii con il suo sensore di movimento, tutti e tre grandi successi. Le migliorie tecniche hanno portato ad un susseguirsi di lanci sul mercato di nuovi prodotti per le 3 major del gaming che vantano milioni di fanbase in tutto il mondo in trepidante attesa dell’ultima versione di console o del nuovo gioco. Legati all’industria videoludica sono “satellitati” parallelamente altri business, diventati sempre più importanti: gadget, pubblicità, siti e riviste specializzate nonché eventi e convention a tema. La sfida delle console di ottava generazione quali la PS4, l’Xbox 360 e la console portatile Nintendo Switch con i suoi quasi 56 milioni di unità vendute, si combatte a colpi di realtà virtuale, nuove interfacce 4k, maggiore velocità di caricamento. A novembre 2020 l’ultima creatura della Sony, la PlayStation5, che rappresenta la nona generazione di console dove, si legge sul Sole 24 Ore “la promessa non è legata alle specifiche hardware ma alla progettazione di nuove forme di intrattenimento più aperte alla spettacolarizzazione che passano per lo streaming, gli eSport e la possibilità di offrire esperienze di gioco condivise”. Lo strapotere del Giappone nel mercato globale delle console e la sempre crescente predilezione per le diverse modalità di on line gaming, ha indotto gli Stati Uniti a rivolgere il proprio business soprattutto verso lo sviluppo di giochi per pc, riuscendo così a raggiungere nuovi segmenti di mercato. 

In un mondo tutto in divenire dove “i giochi come artefatti culturali possono definire il modo in cui una civiltà cresce”, ben si spiega la crescita esponenziale dell’online gaming avvenuta negli ultimi vent’anni, tra pc, console e smartphone. Il successo dei servizi di cloud gaming (giochi in streaming), multipiattaforma e fruibili sia da pc che da tablet o smartphone sembrerebbe indicare la nuova via da percorrere all’industria videoludica, ma per vedere da che parte andare, bisognerà aspettare. Certo è che come affermato già nel 1971 da Avedon and Sutton-Smith “i giochi riflettono l’evoluzione di una società, più complesso è il sistema sociale, più avanzati sono i suoi giochi”. 

 

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